Curiosità

La Challah

Non chiamatela treccia! Nonostante il suo aspetto in alcuni casi abbastanza simile alle trecce impastate domesticamente questo pane ha una storia e significato simbolico molto antichi, oltre che un’importanza fondamentale nella religione ebraica.

La challah infatti è il pane dello shabbat, la festa del riposo celebrata ogni sabato dagli ebrei osservanti, e si differenzia da quello consumato quotidianamente per la sua ricchezza, data dalla presenza nell’impasto di uova, olio e zucchero.

La sua forma intrecciata non solo permette di riconoscere direttamente la tipologia del pane provvidenziale ma anche di mantenerlo morbido più a lungo.

Le origini
Nella Bibbia, la parola challah si sarebbe genericamente allo spessore della preparazione, tipico degli impasti speciali e da cucinare con più attenzione rispetto ai comuni pani piatti cotti su pietre o piastre roventi. 

In seguito il nome acquista un altro significato, quello di “una parte”, una porzione di impasto da offrire per precetto a Dio e che un tempo consisteva in un ventiquattresimo del composto totale. La parte di tributo, grande almeno un’oliva, andava prelevata dalle donne addette alla panificazione e buttata sul fuoco o nel forno con una benedizione. 

Gli Ashkenaziti a differenza dei Sefarditi, tagliano il pane con una lama mentre per questi ultimi la lama, simbolo di violenza, non va usata “contro” il pane da offrire sull’altare e spezzano il pane con le mani. Una volta porzionato il pane va intinto nel sale come faceva il Sacerdote nell’offrire i sacrifici al Tempio di Gerusalemme.

Il pane, un tempo di forma rotonda, acquista la forma attuale intrecciata a seguito di una contaminazione avvenuta nel XV secolo, grazie in particolare agli ebrei dell’Austria e della Germania meridionale. Secondo lo storico Gil Marks infatti la forma intrecciata della classica challah deriva dai pani usati nei riti delle antiche tribù tedesche.Pare infatti che per rabbonirsi Holle, mitica strega della tradizione popolare, i teutonici infornassero pani intrecciati che ricordavano i lunghi capelli della spietata vecchietta.

Gli intrecci, la simbologia
La versione più comune è quella con tre strisce di pasta, le quali simboleggiano verità, giustizia e pace ma anche, nel loro intrecciarsi, l’unità del popolo ebraico. 

Quella a quattro strisce invece rappresenta, nei due filoni di pasta opposti che rappresentano due coppie di braccia, l’amore, mentre quella a sei richiamerebbe le dodici tribù di Israele, indicate insieme ai pani rituali del Tempio anche nella versione a dodici strisce. 

La treccia richiusa in un circolo significa continuità e viene spesso sfornata in occasione della festa di Rosh ha Shanah, mentre la forma di scala e quella di mano sono l’ideale per festeggiare lo Yom Kippur. Alle forme sono:
la forma di chiave per il primo Shabbat dopo Pesach,
il rotolo della Torah per Simchat Torah e Shavuot,
il pesce per Purim o la challah a sei capi la sesta lettera dell’alfabeto ebraico in cima a ricostituire il numero dodici.

Gli ingredienti
L’aggiunta di grassi, compresi quelli del tuorlo, sono fondamentali per conferire al pane a sua struttura soffice e mantenerla più a lungo. L’impiego di latte e burro è vietato, un’usanza diventata regola dovuta al largo consumo di carni sulle tavole di Shabbat. 

L’aggiunta di semi di papavero sarebbe dovuta alla somiglianza della pronuncia del termine yiddish che indica i semi di papavero, mohn, molto simile a quello usato per la manna.
Per altri i semi stessi della manna avrebbero un aspetto simile ai semi di sesamo, diventati così la guarnizione ideale per il pane della festa.

Più recente invece l’introduzione dello zucchero nell’impasto, un riferimento alla dolcezza della manna che nutrì gli ebrei in fuga dall’Egitto possibile solo dai primi anni dell’Ottocento, grazie alla diffusione degli impianti di raffinazione della barbabietola nell’Europa orientale.

La challah è solo leggermente dolce e la morbidezza della sua mollica si abbina bene sia alle marmellate che ai salumi. 

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